Cute Bow Tie Hearts Blinking Blue and Pink Pointer

Tra pochi giorni in libreria:

sabato 26 settembre 2015

The Book of Tomorrow #4 Magnus Chase di Rick Riordan


Magnus Chase e gli Dei di Asgard: La Spada dell'Estate


Essendo una fan di Rick Riordan e avendo letto tutti i suoi libri e amato i personaggi, non potevo ignorare la sua nuova serie che tratterà questa volta di mitologia nordica. Il primo libri uscirà ad ottobre 2015 in inglese, mentre per la versione italiana dovremo aspettare fino alla fine di Novembre purtroppo, anche se non è stata ancora confermata nessuna data, spero che nel frattempo esca la copertina italiana perchè sono molto curiosa di vederla!!!!



Trama:

Magnus si è sempre rivelato un ragazzino problematico. Dopo la misteriosa morte della madre il ragazzo si è visto costretto a vivere tra le strade di Boston, riuscendo a sopravvivere solo grazie alla sua intelligenza e a numerosi espedienti. Un giorno, avvicinato da suo zio (da cui la madre lo aveva sempre messo in guarda, un soggetto che lei definiva “pericoloso”), scoprirà qualcosa di sconvolgente… la sua vera identità quale figlio di un potente dio nordico. Magnus dovrà accettare l’esistenza degli dei Nordici, da sempre considerati semplici miti e in più prendere atto del fatto che gli dei sono in procinto di entrare in guerra! Magnus dovrà darsi da fare per ritrovare un’arma scomparsa da migliaia di anni, e per riuscire nell’impresa e scongiurare il Ragnarok dovrà viaggiare per tutti i 9 mondi. Quando si troverà a dover scegliere tra la sua vita e quella di migliaia di innocenti, Magnus dovrà prendere la più coraggiosa delle decisioni, perché a volte l’unico modo per poter iniziare una nuova vita è quello di morire…



IL MONDO NORDICO:




Yggdrasill è l'albero più bello dell'universo che sorregge l'intero cosmo, il suo tronco è molto robusto e slanciato, la sua chioma arriva e supera il più alto dei cieli ed è impossibile scorgerne la fine. I suoi rami sono abitati da strani animali forniti di doti magiche. Uno di questi è un aquila gigantesca. La corteccia è invece minacciata da "Dainn", "Dvalinn", "Duneyrr" e "Durathror", quattro cervi dal collo ricurvo. Lungo il suo tronco corre "Ratatoskr" lo scoiattolo "dal dente di topo" che è latore di messaggi e minacce.

Yggdrasil attraversa tutti e nove i mondi, "Asgardh" dimora degli "Asi", principale famiglia di Dèi, ma anche il "Vanaheim" dove dimorano gli altri Dèi, i "Vani". Passa anche nel mondo degli "Elfi" chiari e scuri, nella terra di mezzo "Midgard" regno dei mortali fino a spingersi agli estremi confini del mondo nello "Jötunheim" dove regnano i giganti. Alla fine scende nel mondo degli inferi, il "Muspellheim" dove regnano le forze del male, passando per "Niflheim" la reggione delle nebbie perenni e per i meandri dei sotterranei della crosta terrestre abitata dai nani.

Le radici che sorreggono il portentoso albero sono tre e con le loro labirintiche diramazioni garantiscono la solidità del suo fusto.


Se siete curiosi di scoprire altro, ho trovato questo sito dove è spiegata tutta la mitologia nordica e anche le sue leggende. 


Capitolo 1:


BUON GIORNO! STAI PER MORIRE ...

Sì, LO SO. Voi altri leggerete di come sono morto in agonia, e penserete “Wow! Sembra fico, Magnus! Posso morire in agonia anch'io?”
No. Proprio no.

Non saltate dai tetti. Non correte in autostrada e non datevi fuoco. Non funziona così. Non finirete dove sono finito io.

Inoltre, non vorrete dover avere a che fare con la mia stessa situazione. Sempre che non abbiate qualche pazzo desiderio di vedere guerrieri non morti ridursi a brandelli, spade volanti che si conficcano nei nasi di giganti, ed elfi oscuri in abiti formali, non dovreste nemmeno pensare di cercare i cancelli a forma di testa di lupo.
Il mio nome è Magnus Chase. Ho sedici anni. Questa è la storia di come la mia vita sia andata in rovina dopo che mi sono ucciso.

La mia giornata cominciò in modo abbastanza normale. Stavo dormendo su un marciapiede sotto un ponte nel Public Garden quando un tizio mi ha tirato un calcio e detto “Ti stanno cercando”.
A proposito, sono un senza tetto da due anni.
Alcuni di voi potrebbero pensare, Aw, che cosa triste. Altri invece Ha, ha, sfigato! Ma se mi vedeste per la strada, il novantanove percento di voi tirerebbe dritto come se fossi invisibile. Preghereste Fa che non mi chieda dei soldi. Vi domandereste se sono più grande di quel che sembro, perché di sicuro un ragazzino non dovrebbe essere avvolto in un vecchio e puzzolente sacco a pelo, bloccato fuori nel bel mezzo dell’inverno di Boston. Qualcuno dovrebbe aiutare quel povero ragazzo!
Poi continuereste a camminare.
Comunque. Non ho bisogno della vostra commiserazione. Sono abituato a essere deriso. E sono decisamente abituato a essere ignorato.
Andiamo avanti.
Lo scemo che mi aveva svegliato si chiamava Blitz. Come al solito, sembrava che avesse corso nel bel mezzo di un uragano sporco. I suoi ispidi capelli neri erano pieni di pezzetti di carta e ramoscelli. La sua faccia dello stesso colore del cuoio, puntinata di ghiaccio. La sua barba si arricciava in tutte le direzioni. Delle neve decorava il bordo del suo impermeabile nel punto in cui trascinava i piedi – essendo alto un metro e sessantacinque – e i suoi occhi erano così dilatati, che le iridi erano tutte pupille. La sua perenne espressione allarmata faceva sì che sembrava dovesse mettersi a urlare da un momento all’altro.
Con uno sbattere di ciglia mi levai la sporcizia dagli occhi. La mia bocca aveva il sapore di un hamburger vecchio di un giorno. Il mio sacco a pelo era caldo, e non volevo proprio abbandonarlo.
“Chi mi cerca?”

“Non ne sono sicuro.” Blitz si grattò il naso, che era stato rotto così tante volte che zigzagava come una saetta. “Stanno distribuendo volantini con sopra il tuo nome e la tua foto.”
Imprecai. Potevo cavarmela con i poliziotti o i rangers del parco. Con gli assistenti sociali, i volontari, gli universitari ubriachi, bulli in cerca della prossima vittima piccola e debole da infastidire – gente facile a cui dare il buon giorno come a una colazione con pancakes e succo d’arancia.

Ma quando qualcuno conosceva il mio nome e la mia faccia – quello era un male. Voleva dire che stavano proprio cercando me. Forse i tipi alla casa d’accoglienza erano arrabbiati perché gli avevo rotto lo stereo. (Le canzoncine di Natale mi stavano facendo diventare pazzo.) Forse la camera di sicurezza aveva ripreso i miei ultimi furti al teatro. (Hey, avevo bisogno di soldi per la pizza.) O forse, seppur improbabile, la polizia mi stava ancora cercando per farmi domande sull'omicidio di mia mamma…

Impacchettai la mia roba, cosa che mi rubò tre secondi.
Il sacco a pelo si arrotolò e infilò bene nel mio zainetto, assieme allo spazzolino e a un cambio di calzini e biancheria intima. Fatta esclusione per i vestiti, era tutto ciò che possedevo.
Con lo zaino in spalla e il cappuccio della giacca abbassato, potevo mescolarmi bene con il traffico pedonale. Boston era piena di studenti. Molti erano persino più trasandati e con un aspetto più giovane del mio.

Mi girai verso Blitz. “Dove hai visto questi tizi con i volantini?”
“Beacon Street. Stanno venendo qui. Un uomo bianco di mezza età e una ragazza, forse sua figlia.”

Mi accigliai. “Non ha alcun senso. Chi-“

“Non lo so, ragazzino, ma devo andare.” Blitz strizzò gli occhi all’alba, che stava colorando d’arancione le finestre del grattacielo. Per ragioni che non avevo mai capito, Blitz odiava la luce del sole. Forse era il vampiro senzatetto più piccolo e robusto al mondo. “Dovresti andare a vedere Hearth. Sta bighellonando in Copley Square.”

Provai a non sentirmi irritato. Le persone per la strada scherzavano chiamando Hearth e Blitz mia madre e mio padre, perché o uno o l’altro sembravano sempre girarmi intorno.

“Lo apprezzo,” dissi. “Starò bene.”
Blitz si rosicchiò il pollice. “Non lo so, ragazzino. Non oggi. Devi fare estrema attenzione.”

“Perché?”
Lanciò un’occhiata oltre la mia spalla. “Stanno arrivando.”
Non vidi nessuno. Quando mi voltai di nuovo, Blitz se n’era andato.

Odiavo quando lo faceva. Solo- poof. Quel ragazzo era come un ninja. Un vampiro senzatetto ninja.

Adesso avevo una scelta: andare a Copley Square a gironzolare con Hearth, o tirare dritto verso Beacon Street e provare a individuare le persone che mi stavano cercando.

La descrizione che aveva fatto Blitz mi aveva incuriosito. Un uomo bianco di mezza età e una ragazza che mi stavano cercando all’alba di un rigido e freddo mattino. Perché? Chi erano?
Percorsi il perimetro dello stagno. Quasi nessuno prendeva la strada sotterranea sotto il ponte. Potevo abbracciare il lato della collinetta e sbirciare chiunque si stesse avvicinando dalla via superiore senza essere visto.

La neve rivestiva il terreno. Il cielo era di un blu doloroso per gli occhi. I rami spogli degli alberi sembrava fossero stati immersi nel vetro. Il vento attraversava gli strati dei miei vestiti, ma non soffrivo il freddo. Mamma di solito scherzava, dicendo che ero per metà orso polare.

Dannazione, Magnus. Mi rimproverai.
Dopo due anni, i ricordi che avevo di lei erano come un campo-minato. Appena ci inciampavo sopra, la mia compostezza saltava per aria, a pezzi.
Provai a concentrarmi.
L’uomo e la ragazza stavano venendo da questa parte. I capelli color sabbia dell’uomo gli sfioravano il collo – non era intenzionale, ma come se non avesse voglia di tagliarli. La sua espressione sconcertata mi ricordava quella di un supplente scolastico: So di essere stato colpito da una pallina di carta sputacchiata, ma non ho idea della sua provenienza. Le sue scarpe non erano appropriate per un inverno a Boston. I suoi calzini di una sfumatura di marrone diversa. La sua cravatta sembrava fosse stata allacciata al buio.
La ragazza era decisamente sua figlia. Anche i suoi capelli erano spessi e ondulati, anche se di un biondo più chiaro. Era vestita in abiti più spessi, stivali da neve, jeans e un parka, con una t-shirt arancione che sbucava dal colletto. La sua espressione era più determinata, arrabbiata. Stringeva i volantini come fossero compiti che le erano stati assegnati ingiustamente.
Se stava cercando me, non volevo che mi trovasse.
Faceva paura.
Non riconobbi lei o suo padre, ma qualcosa si aggrappò al retro della mia testa… come un magnete che prova a tirare fuori un vecchio ricordo.
Padre e figlia si fermarono dove la strada si biforcava.
Si guardarono attorno, come se stessero realizzando solo adesso di trovarsi nel bel mezzo di un parco deserto alle “no-grazie-in punto” nel cuore dell’inverno.

“Incredibile,” disse la ragazza. “Vorrei strozzarlo.”
Dando per scontato che si riferisse a me, mi acquattai un po’ di più.

Suo padre sospirò. “Probabilmente dovremo evitare di ammazzarlo. E’ tuo zio.”

“Ma due anni?” incalzò la ragazza. “Papà, come ha potuto non dircelo per due anni?”
“Non so spiegare le azioni di Randolph. Non ho mai potuto farlo, Annabeth.”
Inspirai così forte, che temetti potessero sentirmi.
Qualcosa nel mio cervello fu strappato via, mettendo alla luce i miei ricordi di quando avevo sei anni.
Annabeth. Il ché voleva dire che l’uomo dai capelli color sabbia era… Zio Frederick?
Ripensai all'ultima cena del Ringraziamento che passammo in famiglia: Annabeth e io che ci nascondevamo nella libreria della casa in città di Zio Randolph, giocando a domino mentre gli adulti si urlavano contro al piano di sotto.
Sei fortunato a vivere con tua mamma. Annabeth aveva accatastato un'altra tessera del domino sul suo edificio in miniatura. Era incredibilmente bello, con le colonne di facciata come un tempio. Scapperò via di casa.
Non avevo dubbi che diceva sul serio. Ero stupito della sua sicurezza.
Poi Zio Frederick era apparso sull'uscio. Aveva le mani chiuse a pugno. La sua espressione truce era in contrasto con la renna sorridente del suo maglione. Annabeth, ce ne andiamo.
Annabeth mi aveva guardato. I suoi occhi grigi erano un po’ troppo feroci per una ragazzina della prima elementare. Stai al sicuro, Magnus.

Con una spinta aveva fatto crollare il suo tempio di domino.

Quella fu l’ultima volta che la vidi.
Dopo, mia mamma fu irremovibile: Staremo lontani dai tuoi zii. Specialmente Randolph. Non gli darò ciò che vuole. Mai.
Non mi volle spiegare cosa volesse Randolph, o su cosa lei, Frederick e Randolph litigarono.
Devi fidarti di me, Magnus. Stare vicino a loro… è troppo pericoloso.
Mi fidavo di mia mamma. Anche dopo la sua morte, non ebbi alcun contatto con i miei parenti.
Ora, all'improvviso, mi stavano cercando.
Randolph viveva in città, ma per quanto ne sapevo io, Frederick e Annabeth vivevano ancora in Virginia. Eppure eccoli lì, a distribuire volantini con sopra il mio nome e una mia foto. Come facevano ad avere una mia foto, poi?
La testa mi ronzava così tanto che persi un pezzo della loro conversazione.
“-a trovare Magnus,” stava dicendo Zio Frederick. Controllò il suo smartphone. “Randolph è al rifugio nel South End. Dice di non aver avuto fortuna. Dovremmo provare il rifugio per i giovani dall'altro lato del parco.”
“Come facciamo anche solo che a sapere che Magnus è vivo?” chiese Annabeth, tristemente. “Scomparso per due anni? Potrebbe essere congelato in qualche fosso!”
Parte di me fu tentata di saltare fuori dal mio nascondiglio e urlare, TA-DA!
Anche se erano passati dieci anni dall'ultima volta che avevo visto Annabeth, non mi piaceva vederla stressata. Ma dopo tanto tempo passato per strada, avevo imparato a mie spese: non ti getti in una situazione fino a quando non capisci cosa sta succedendo.

“Randolph è sicuro,” disse Zio Frederick. “Magnus è vivo. E’ da qualche parte a Boston. La sua vita è davvero in pericolo…”
Sparirono verso Charles Street, le loro voci portate via dal vento.

Stavo tremando adesso, ma non era per il freddo. Volevo correre dietro Frederick, bloccarlo e chiedergli cosa stava succedendo. Come faceva Randolph a sapere che ero ancora in città? Perché mi stavano cercando? Come poteva essere la mia vita più in pericolo adesso di ogni altro giorno?

Ma non li seguii.

Ricordavo l’ultima cosa che mi aveva detto mia mamma.

Ero stato riluttante a usare la rampa antincendio. Riluttante a lasciarla, ma lei si era aggrappata alle mie braccia costringendomi a guardarla. Magnus, corri. Nasconditi. Non fidarti di nessuno. Ti troverò. Qualsiasi cosa farai, non chiedere aiuto a Randolph.
Poi, prima che riuscissi a uscire dalla finestra, la porta del nostro appartamento era esplosa in tante schegge. Due paia di lucenti occhi blu erano emersi dall'oscurità…
Scacciai via il ricordo e guardai Zio Frederick e Annabeth allontanarsi verso est.
Zio Randolph… per qualche ragione, aveva contattato Frederick e Annabeth. Li aveva fatti venire a Boston.

Per tutto questo tempo, Frederick e Annabeth non avevano saputo che mia mamma era morta e io sparito. Sembrava impossibile, ma se era vero, perché Randolph avrebbe dovuto dirglielo ora?
Senza confrontarmi direttamente con lui, riuscivo a pensare a un solo modo per avere delle risposte. Casa sua era in Back Bay, vicino da qui. Stando a Frederick, Randolph non era in casa. Era da qualche parte a South End, a cercarmi.

Dal momento che non c’è niente di meglio che iniziare una giornata con una piccola irruzione, decisi di fare una visita a casa sua.


Capitolo 2:


L'UOMO CON IL REGGISENO DI METALLO


LA MANSIONE DI FAMIGLIA FACEVA SCHIFO.

Oh ,certo, voi non la pensereste così. Vedreste i massicci sei piani di pietra arenaria bruno-rossastra con gargoyl agli angoli del tetto, lunette con vetrate colorate, gradini di marmo, e tutte gli altre blah, blah, blah, persone-ricche-vivono-qui dettagli, e vi chiederete perché sto dormendo per strada.

Due parole: Zio Randolph.

Era la sua casa. Come figlio maggiore, lui l’aveva ereditata dai miei nonni, che morirono prima che io nascessi. Non ho mai saputo molto riguardo la soap opera della mia famiglia, ma c’era molto cattivo sangue tra i tre figli: Randolph, Frederick, e mia madre. Dopo il Grande scisma del Ringraziamento, non abbiamo mai più visitato la proprietà ancestrale. Il nostro appartamento era, circa, a mezzo miglio di distanza, ma Randolph potrebbe benissimo aver vissuto su Marte.

Mia mamma lo menzionava solo se ci capitava di guidare davanti all’arenaria. Poi la indicava allo stesso modo in cui tu indicheresti una scogliera pericolosa. Vedi? Eccola. Evitala.

Dopo che cominciai a vivere per strada, ho voluto qualche volta camminare lì di notte, scrutare le finestre e vedere luminose esposizioni di astucci di antiche spade e asce, elmi raccapriccianti con maschere che mi fissavano dalla parete, statue si stagliavano dalle finestre del piano superiore come fantasmi pietrificati.

Più volte ho considerato di introdurmi a curiosare in giro, ma non sono mai stato tentato di bussare alla porta. Per favore, zio Randolph, so che odiavi mia madre e non mi hai mai visto in questi 10 anni; so che ti importa di più dei tuoi vecchi e arrugginiti oggetti da collezione di quello che fai per la tua famiglia; ma posso vivere nella tua bella casa e mangiare le tue croste di pane avanzate?

No grazie. Preferisco stare sulla strada, mangiando Felafel (nota: cibo orientale) vecchi di un giorno dalla zona ristorazione.

Comunque . . . pensavo sarebbe stato abbastanza semplice irrompere, guardarmi attorno, e vedere se potevo trovare risposte riguardo quello che stava succedendo. Mentre ero lì, magari potevo afferrare alcune cose da impegnare.

Sono dispiaciuto se questo offende il vostro senso di giusto e sbagliato.

Oh, aspetta. No, non lo sono.

Io non rubo a chiunque. Scelgo odiosi cretini che hanno già troppo. Se stai guidando una nuova BMW e la parcheggi nel posto degli handicap senza la carta per disabili, allora si, non ho problemi a forzare con un piede di porco il tuo finestrino e prendere alcuni spiccioli dal porta bevande. Se stai uscendo da Barneys (catena di negozi di lusso) con la borsa di fazzoletti di seta, così impegnato a parlare al telefono e spingere le persone via dalla tua strada che non stai prestando attenzione, io sono lì per te, pronto a borseggiare il tuo portafoglio. Se puoi permetterti 5 mila dollari per soffiarti il naso, puoi permetterti di comprarmi la cena.

Io sono giudice, giuria, e ladro. E per quanto quegli odiosi cretini andati, ho pensato che non potevo fare meglio di Zio Randolph. 


La casa fronteggiava Commonwealth Avenue. Mi diressi più o meno dietro nella chiamata poeticamente Public Alley 429. Il posto auto di Randolph era vuoto. Scale portavano in basso all’entrata del seminterrato. Se c’era un sistema di sicurezza, non ero riuscito a individuarlo. La porta aveva un semplice chiavistello chiuso senza neanche una serratura. Andiamo, Randolph, Almeno rendila una sfida.

Due minuti dopo ero dentro.

Nella cucina, mi sono servito alcune fette di tacchino, cracker, e latte dal cartone. No Falafel. Dannazione. Ora ero davvero in vena, ma trovai una tavoletta di cioccolato e la infilai nella tasca del giubbotto per dopo. (la cioccolata deve essere gustata, non affrettata). Dopo mi diressi su dalle scale in un mausoleo di mobili in mogano, tappeti orientali, dipinti ad olio, pavimenti in marmo piastrellati e lampadari di cristallo … era imbarazzante. Chi vive in quel modo?

All’età di 6 anni, non potevo capire quanto era costosa tutta quella roba, ma la mia opinione generale della casa era la stessa: scura, opprimente, raccapricciante. Non riuscivo a immaginare mia madre crescere qui. Era facile capire perché era diventata una fan dei grandi spazi aperti.

Il nostro appartamento sopra il locale Korean BBQ in Allstor era abbastanza accogliente, ma a mamma non era mai piaciuto starci. Lei diceva sempre che la sua vera casa era Blue Hills. Avevamo l’abitudine di andare a fare escursioni e campeggiare lì con qualsiasi tipo di clima ­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­– aria fresca, no pareti o soffitti, no compagnia solo anatre, oche e scoiattoli.

Questa casa di arenaria, in confronto, sembrava una prigione. Mentre ero da solo nel foyer (entrata),la mia pelle rabbrividiva con insetti invisibili.

Salii al secondo piano. La libreria profumava di lucidante al limone e pelle, come ricordavo. Lungo una parete c’era una teca in vetro illuminata piena degli elmi vichinghi arrugginiti di Randolph e lame d’ascia corrose. Mia mamma mi aveva detto una volta che Randolph insegnava storia ad Harvard prima che qualche grande disgrazia lo ha fatto licenziare. Lei non andò nei dettagli, ma chiaramente quel’uomo era ancora un fissato di reperti.

Tu sei più intelligente di tutti i tuoi zii, Magnus, mia madre mi aveva detto. Con i tuoi voti, potresti facilmente entrare ad Harvard.

Così era quando lei era ancora in vita, ero ancora a scuola, e avrei potuto avere un futuro che si estendesse oltre a trovare il mio prossimo pasto.

In un angolo dell’ufficio di Randolph si trovava una grossa lastra di roccia come una pietra tombale, la parte anteriore cesellata e dipinta con elaborati disegni vorticosi rossi. Al centro c’era un disegno rozzo di un animale ringhiante – forse un leone o un lupo.

Rabbrividii. Meglio non pensare ai lupi.



Ecco qui i primi due capitoli tradotti ... la storia è da subito interessante e non vedo l'ora di leggere il continuo. Inoltre è ricomparsa Annabeth che nella serie di Percy Jackson mi stava molto simpatica e sono contenta di leggere e scoprire qualcosa di più sulla sua famiglia ... magari ricompariranno anche altri personaggi .... Nico per esempio. In quel caso probabilmente impazzirei di gioia ma purtroppo non credo succederà. 

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